Gli oceani: le coste
L'assalto delle onde è costante: quattro o cinque volte al minuto, enormi
masse d'acqua si infrangono con maggiore o minore violenza contro la costa.
Gli organismi che vivono nelle acque del litorale hanno dovuto sviluppare
delle difese contro questi urti eterni. Guardate le alghe: per sopravvivere si
ancorano agli scogli con grappoli di minuscoli uncini. A vendo poi capito che
è inutile opporsi frontalmente alla forza d'urto dell'onda, esse hanno
adottato la politica della «non violenza», e cioè non reagiscono, porgono, per
dirla con l'espressione evangelica, «l'altra guancia». In altre parole: alla
violenza delle onde oppongono la flessibilità degli steli e delle foglie che
asseconda i movimenti fluttuanti delle acque.
Più dura è la vita sulle scogliere: qui, per sopravvivere, bisogna
trasformarsi; gli scogli infatti non offrono nascondigli o ripari. Gli esseri
marini, che la natura spinge a vivere sulle scogliere, hanno dunque dovuto
adattarsi: e cioè imparare a vivere senza dipendere dal mare. Così le branchie
si sono trasformate in rudimentali polmoni e la superficie esterna è diventata
impermeabile per rallentare l'evaporazione, mentre gli arti si sono modificati
per permettere i movimenti sul suolo terrestre.
La vita su un litorale sabbioso stimola invece l'ingegno e lo spirito
d'iniziativa. Osservate l'ocipode, specie di granchio: deve nascondersi,
poichè è esposto a tutti i nemici; dunque fugge e scompare così rapidamente
nella tana che in alcuni posti viene chiamato «granchio fantasma ». Osservate
i talitri: lunghi solo un paio di centimetri, di giorno giacciono sotto la
sabbia oppure sotto strati di alghe lasciate sulla spiaggia dalla marea, ma di
notte ... Ma di notte, approfittando dell'oscurità, si spostano verso l'acqua
alla ricerca di cibo, e lo fanno con salti che qualche volta superano di 40-50
volte la loro stessa lunghezza.
Più facile è la vita sui litorali fangosi: qui l'ambiente è complice e offre
infinite possibilità di sottrarsi alle insidie. La maggior parte degli animali
che qui vivono si nutrono di organismi morti e, osservate bene il particolare,
spesso dividono il cibo e la tana con altri compagni: così, vivendo in
comunità, sopravvivono. Certo, c'è un problema anche per loro: la difficoltà
di ricavare ossigeno dal fango. Che fare? Stiamo buoni, dicono, economizziamo
insieme, e non pe;mettiamo ad alcuna altra specie di inserirsi tra di noi.
Così facendo, diventano razzisti.
Abbiamo parlato del mare che schiaffeggia la terra.
Resterebbe da parlare ora della terra che invade il mare. Capita? Capita.
Dove? Dove il litorale è massiccio, compatto, aggressivo.Come? Anno dopo anno.
Marcia lenta, ma inarrestabile. Anche qui gli animali dovranno adattarsi
all'ambiente, se intendono sopravvivere: in altre parole dovranno imparare a
vivere sulla terra.
Vita durissima soprattutto in prossimità delle coste, dove i fiumi raggiungono
il mare. Quando un fiume sbocca nel mare, è noto che il suo corso rallenta e
il sedimento che trascina dalla terraferma si deposita sul fondo; la
temperatura dell'acqua può salire e scendere bruscamente, talora da giorno a
giorno. Ma il pericolo più grave per la vita negli estuari è il cambiamento
repentino del tasso di salinità dell'acqua: esso può variare da due a tre
volte al giorno in coincidenza con le maree e con le condizioni
meteorologiche. Per chi vive in queste acque, il problema è di conservare nei
tessuti un'equilibrata concentrazione di sali disciolti: infatti, se un
animale passa in acqua avente una concentrazione salina minore di quella
contenuta nei fluidi del suo corpo, succede che l'acqua penetra nei tessuti e
che l'organismo si gonfia; se invece passa in acqua avente una concentrazione
superiore, può accadere il fenomeno inverso: l'organismo rischia di
disidratarsi.
Informazioni sul Mare Mediterraneo e sull' azione erosiva del mare sulle coste.